IL RINNOVO DEL CCNL METALMECCANICI

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DI VINCENZO GUERRIERI

Il contratto nazionale dei metalmeccanici continua a giocare quel ruolo importante nelle tornate generali di rinnovo che la storia sindacale di questo paese testimonia. Tuttavia lo gioca nel bene e nel male. Dopo la resa senza condizioni del Ccnl del 2016 difficile immaginare che questo rinnovo possa segnare positivamente questa tornata contrattuale.

Il Covid è divenuto inoltre l’alibi perfetto per portare a termine un progetto iniziato esattamente 40 anni fa… prima svuotare e poi cancellare definitivamente il Contratto Nazionale di Lavoro decentrandolo sulla contrattazione aziendale, ed ampliando così ancora di più le disuguaglianze tra lavoratrici e lavoratori del nostro paese.

Oggi, però, nelle fabbriche la realtà comincia ad essere diversa.

Le lavoratrici ed i lavoratori si stanno riorganizzando perché sono stanchi delle “BUONE RELAZIONI SINDACALI” che in questi anni hanno portato alla deregolamentazione del Contratto Nazionale e conseguentemente al peggioramento delle condizioni di lavoro.

Quello che dovrebbe essere la CARTA Fondamentale dei Diritti, la Garanzia del Salario e la Tutela della Salute e Sicurezza sui posti di lavoro, oggi è diventata la carta della Precarietà, del Lavoro a Cottimo e sottopagato, e dell’Insicurezza.

Basti sapere che oggi molte aziende scaricano i costi del protocollo anti-Covid sulle spalle delle lavoratrici e dei lavoratori italiani, ed altre per risparmiare non lo rispettano affatto.

Il Covid non può e non deve essere l’alibi per le imprese a non rinnovare il Contratto Nazionale dei Metalmeccanici, o rinnovarlo in peggio.

Per conseguire profitto, le Imprese chiedono sempre più lavoro flessibile e sempre meno pagato.

Lo dimostra il fatto che c’è un continuo ricorso alla manodopera somministrata oppure alle esternalizzazioni in appalto di attività e servizi.

Questo lascia pensare che, per inseguire le logiche di mercato, la classe manageriale italiana è incapace di gestire imprese strutturate.

Non è più accettabile che a rimetterci debbano essere sempre e solo le lavoratrici ed i lavoratori.

In questa trattativa la minaccia dei licenziamenti la fa da padrone. La verità è che i licenziamenti ci sono sempre stati, anche durante lo stato di emergenza sanitaria nonostante il blocco proclamato dal Governo.

Si pensi a tutti i contratti a termine non rinnovati, ai licenziamenti mascherati da falsi trasferimenti, i licenziamenti disciplinari discriminatori oppure, ancora più tragico, quelli da chiusure di stabilimenti.

Le lavoratrici ed i lavoratori metalmeccanici sono stanchi di subire.

Bisogna dire No con forza ai licenziamenti e soprattutto pretendere un vero Contratto Nazionale e soprattutto Dignitoso.

Oggi in Italia ci sono quasi 900 contratti nazionali di lavoro considerando anche quelli cosiddetti “Pirata”, ma solo 1/3 risulta rinnovato.

Per uscire da questa giungla e cancellare le diseguaglianze sociali ne basterebbero solo 2, quello del Pubblico e quello del Privato.

Come tutti sappiamo il Contratto dei Metalmeccanici è il principale punto di riferimento per tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori dell’industria, ma non solo.

Nell’ultimo decennio, però, il Contratto Nazionale ha portato ad una progressiva perdita di diritti e di salario, con la complicità di FIM FIOM UILM e per effetto degli accordi stipulati tra Confindustria e le 3 Confederazioni, partendo dal protocollo del 23 luglio 93 sulla Concertazione per arrivare al “Patto per la Fabbrica”.

Accordi che oggi mostrano tutto il loro fallimento.

Si sono persi diritti importanti come:

  • il pagamento dei primi 3 giorni della malattia breve;
  • la libertà di decidere quando usufruire dei permessi 104;
  • è stata limitata fortemente la democrazia sindacale nei luoghi di lavoro con il riferimento al testo unico sulla rappresentanza;
  • è stato raddoppiato lo straordinario comandato, cioè la flessibilità;
  • le ferie non sono più un diritto individuale del lavoratore ma uno strumento di flessibilità per le imprese;
  • è saltata la contrattazione di filiera per effetto della logica degli appalti al massimo ribasso;

…. ed altro ancora.

Poi c’è il salario che ormai si è strutturato verso il lavoro a cottimo, con l’erogazione di Premi completamente variabili e detassati legati alla malattia ed agli infortuni che discriminano fortemente i lavoratori creando, inoltre, la falsa illusione di portare più soldi in tasca.

Gli aumenti strutturali sono legati al calcolo perverso dell’indice IPCA che nel corso degli ultimi 5 anni ha praticamente portato al blocco salariale con un misero aumento di 35 euro lordi al 5 livello.

Federmeccanica al tavolo di trattativa ha dichiarato che l’aumento per il prossimo triennio sarà di soli 40 euro lordi sempre al 5 livello, alla luce di ciò FIM FIOM e UILM hanno deciso di rompere le trattative contestando tale meccanismo che loro stesse hanno concordato nel 2016, mostrando così tutte le proprie incoerenze.

Una rottura-farsa che servirà solo per far digerire ai lavoratori quello che sarà il peggior contratto dei metalmeccanici.

Oggi molti lavoratori nelle fabbriche rivendicano la riconquista di tutti i diritti persi, la riduzione d’orario a parità di salario come soluzione ai licenziamenti e un aumento strutturale certo, non riparametrato e non assorbibile legato all’adeguamento del costo della vita.

Sempre più spesso in questi giorni si sentono CGIL-CISL e UIL chiedere al governo interventi per rafforzare la sanità pubblica ed il sistema pensionistico in totale contraddizione con quello che firmano nei contratti nazionali di lavoro.

Oggi il Covid ha evidenziato tutte le criticità del sistema Italia e fatto emergere le contraddizioni legate al CCNL dei metalmeccanici.

Per questo motivo urge ricostruire un paese che si basi sull’eguaglianza sociale e per fare ciò occorre che tutte le risorse vengano destinate ad enti pubblici per rafforzare un modello previdenziale ed assistenziale che permetta a tutti di vivere e curarsi dignitosamente.

Per superare la logica privatistica di quei beni considerati essenziali ed universalistici, come la sanità e le pensioni, occorre rescindere i contratti stipulati con le finanziarie private di MétaSalute e Cometa ed erogare la medesima cifra sotto forma di salario strutturale.