ALITALIA ATTO FINALE: DRAGHI E UE TAGLIANO LE ALI A ITA

Adattamento da foto di Wendy da Flikr

Neanche Marchionne aveva mai osato tanto. Nel 2010 con il suo progetto “Fabbrica Italia” il defunto manager italo-canadese si era incaricato di liquidare il valore e le funzioni dei contratti nazionali.

Operazione riuscita, tuttavia comprese che non aveva le condizioni politiche e sociali per conquistare anche una riduzione dei salari.

All’epoca la politica parlamentare si divise sull’estromissione dalla rappresentanza di fabbrica dei sindacati non complici, a partire dalla Fiom, tuttavia, nei fatti, approvò la scelta di Marchionne di rompere con Confindustria e costruirsi un CCNL ad hoc.

Governo Cgil Cisl Uil Confindustria costruirono così le condizioni legislative e contrattuali per legittimare l’operazione Fabbrica Italia.

La diga era crollata ed era ovviamente destinata a travolgere ulteriori argini del sistema sociale del paese, l’inderogabilità dei contratti nazionali, il pattizio valore erga Omnes degli stessi e conseguentemente far deflagrare in tutta la sua virulenza la crisi della rappresentanza in questo paese.

Ora è direttamente un Governo della Repubblica a compiere un altro poderoso passo verso la barbarie salariale a danno delle lavoratrici e dei lavoratori e dare un messaggio esplicito a tutto il mondo del lavoro: le donne e gli uomini, il loro salario e le condizioni di i lavoro sono una variabile dipendente dell’impresa.

La pretesa di assumere personale nella “nuova” compagnia di bandiera con salari più bassi del 30% di quelli, peraltro già taglieggiati nel tempo, di Alitalia è di una gravità assoluta.

Non solo perché testimonia quale sia la concezione dei diritti sociali di un Governo che chiede di derogare al codice civile in vigore disattendendo la norma che impone il mantenimento delle stesse condizioni normative e salariali nel passaggio da un’azienda all’altra, ma anche perché parliamo di un’impresa di Stato, un’azienda proprietà al 100% del ministero delle finanze.

Quella di derogare al codice civile nei passaggi da un’azienda all’altra è parte di quella vergognosa pratica sindacale che purtroppo è divenuta comune, complice la perenne crisi occupazionale, non solo nel sindacalismo confederale.

Tuttavia mai era accaduto che fosse lo Stato su una sua impresa a imporre la riduzione del salario a lavoratori e lavoratrici già occupati/e.

Assistiamo quindi a quello che appare come l’ultimo grottesco e drammatico atto della lunghissima agonia della compagnia di bandiera.

Le stesse indiscrezioni che giungono da Bruxelles non inducono a immaginare una vita lunga per la nuova compagnia Ita. Pare sia in arrivo la condanna dello stato italiano per i 900 milioni di euro cheil governo Gentiloni concesse ad Alitalia, considerati aiuti di stato non possibili sotto il regime UE.

La lotta delle lavoratrici e dei lavoratori Alitalia se non diviene generale non potrà che essere sconfitta.

In un paese socialmente piegato dalla pandemia e dove le lotte trovano la loro massima espressione nei cancelli del singolo luogo di lavoro non si può che essere sconfitti se non si ricostruisce un terreno di lotta generale a partire dall’unificazione delle vertenze aperte, dalla GKN alla Whirpool, dall’ex Ilva a Stellantis ed ovviamente Alitalia.

Le lavoratrici e i lavoratori GKN hanno messo a disposizione una prima data utile per questa indispensabile unificazione, il 18 settembre a Firenze.

Proviamoci.