AMAZON, SINDACATO DI POTERE E D’IMPRESA

Foto di Fibonacci Blue da Flikr

La notizia del voto contrario delle lavoratrici e dei lavoratori Amazon, in Alabama, a costituire il sindacato interno non rappresenta una novità.

Come è noto negli Usa è un referendum tra i lavoratori a decidere se il sindacato può agire in azienda o meno. Un fatto tutt’altro che democratico come testimoniano i numeri del sindacato negli Usa.

Negli anni ’70 i lavoratori sindacalizzati nel settore privato rappresentavano circa il 24% mentre oggi se ne contano solo il 6,3% nonostante il progressivo peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro.

Tuttavia questa è una tendenza che riguarda non solo gli Stati Uniti.

In Europa va veloce il processo di americanizzazione del modello sociale e conseguentemente dei rapporti di lavoro.

L’impresa è divenuta il centro del nuovo modello sociale, politico ed economico a livello globale.

E il potere di impresa è una cosa vera, lesiva dei diritti formalmente riconosciuti al lavoro nel momento in cui è capace di decidere livello del salario, stabilità occupazionale, orari di lavoro, carriere ecc.

È il dualismo di potere a naufragare. Esiste solo un potere indiscusso e indiscutibile, quello dell’impresa.
In questa situazione il voto non è mai libero né giusto.

Non è servito l’endorsement istituzionale a favore del sindacato del presidente da parte di Biden.

Se non si introducono vincoli cogenti al potere di impresa: dal divieto di licenziamento all’obbligo di riconoscere il sindacato scelto dai lavoratori, al vincolo all’accordo sindacale su orari e condizione di lavoro, l’impresa continuerà nel suo governo autoritario e progressivamente si sostituirà al sindacato, come in parte sta già facendo, attraverso servizi e benefici ad personam.

Ovviamente è la grande retromarcia del sindacato ad aver lasciato questi spazi all’impresa.

Se i salari contrattuali sono bassi per scelta sindacale solo il padrone può aumentarli ma ovviamente a “chi se lo merita”… Le lavoratrici e i lavoratori lo sanno bene.
Amazon ha vinto una prima battaglia, non la guerra.

È giusto tenere i riflettori sulle condizioni di lavoro in Amazon ma solo come paradigma delle nuove condizioni di sfruttamento dell’uomo a livello globale, non come anomalia in un panorama di imprese sane come pretendono di sostenere mass media e istituzioni nostrane insolitamente a fare il tifo per il primo sciopero Amazon.

Certo esistono imprese molto meno brutali come frutto di rapporti di forza non ancora totalmente distrutti. È è un fatto positivo ma non un modello.

Le condizioni di vita e di lavoro per milioni di salariati rappresentano una vera e propria questione sociale e parlano della necessità di ricostruire con urgenza tutele e diritti del lavoro come argine al potere d’impresa e come elemento fondante della democrazia.

Per fare ciò servono le lotte, un nuovo protagonismo dei lavoratori.