ABDEL, ADIL

Vogliamo ricordare Abdel Salam dell’USB e Adil delegato Si Cobas, due militanti uniti dal medesimo violento destino. Entrambi travolti da camion ai picchetti sindacali. Comunque la si pensi sulla dinamica dell’uccisione di Adil e Abdel Salam, e noi pensiamo sia omicidio colposo se non addirittura volontario, i due militanti del sindacalismo conflittuale sono vittime dirette dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, ovvero di un capitalismo che, sotto la spinta dei profitti, trasforma gli uomini in aguzzini senza scrupoli.

Due lavoratori a cui non verranno mai intitolate piazze e vie delle grandi città. Due uomini che non saranno mai insigniti del titolo di Cavaliere del lavoro.

Solo chi ha fatto le lotte sa dei rischi e dei pericoli che si corrono ai cancelli quando blocchi le merci. Adil e Abdel Salam sapevano benissimo di questi rischi. Ed erano lì.

Se oggi non contiamo a decine o morti nelle lotte è solo perché, tranne qualche fiammata, non ci sono lotte irrituali. Lotte senza la liturgia classica della proclamazione preventiva, con scioperi senza blocchi, senza picchetti, in cui lo scontro è realmente giocato solo sui rapporti di forza, ma senza le lotte irrituali non vi sono reali conquiste.

Ciò conferma che, sebbene ovattato dai processi tecnologici, la dinamica della lotta di classe, dei poteri, è sostanzialmente immutata.

Inutile sottolineare la gravità del fatto che CGIL CISL UIL non hanno sentito questi morti come loro. Una vergogna che testimonia l’abisso che separa il sindacalismo complice da quello conflittuale ma non è solo un dato politico.

Davanti a quello che è accaduto quasi sei anni fa a Piacenza e un anno fa ad Adil, un dirigente sindacale, degno di questo titolo, avrebbe dovuto indignarsi, a prescindere dall’organizzazione di appartenenza.

La constatazione che ogni morto è stato principalmente della sua organizzazione è amara assai.