FRANCIA, UN PRIMO BILANCIO DEGLI SCIOPERI E DELLE MANIFESTAZIONI

Foto di repertorio del 3 aprile 2018 di REUTERS/Emmanuel Foudrot da Adobe Stock (diritti riservati)

DI CHRISTIAN MAHIEUX
Ferroviere in pensione, sindacalista SUD-Rail [Union syndicale Solidaires], attivo nella Rete Sindacale Internazionale di Solidarietà e Lotta, membro delle redazioni di Cerises la coopérativeLa Révolution prolétarienneLes utopiques, cooperatore delle edizioni Syllepse, da A l’encontre, 13 marzo 2023

La legge sarà approvata

Il Senato ha approvato una versione della legge.Mercoledì 15 marzo, la commissione congiunta del Senato e dell’Assemblea nazionale si riunirà per adottare una versione congiunta che potrà poi essere sottoposta ai deputati per l’adozione definitiva giovedì 16 marzo. Il governo conta sulla sua maggioranza relativa e sull’ala destra dell’Assemblea nazionale. Non è una sorpresa.

Da qualche settimana, la “rappresentanza nazionale” sta… recitando, agendo; anche qui non c’è da sorprendersi. L’opposizione ha agito per ritardare l’adozione del testo, il governo ha fatto lo stesso per accelerarne la convalida. Ciascun gruppo si è finto offeso per i mezzi usati dall’altra parte: moltiplicazione degli emendamenti da una parte, voto bloccato dall’altra. Questo è solo il normale gioco istituzionale, come previsto dalla Costituzione della Quinta Repubblica francese, una repubblica al servizio della borghesia, costruita sul massacro dei Comunardi del 1871.

La lezione principale della sequenza parlamentare è che segna, ancora una volta, il divario tra i “rappresentanti del popolo” e… il popolo.

In tutta legalità, nel massimo rispetto delle regole della cosiddetta democrazia rappresentativa, il parlamento sta per adottare un progetto di legge respinto dalla stragrande maggioranza della popolazione. I movimenti, le organizzazioni e i collettivi che si dichiarano socialmente emancipatori devono passare all’attacco su questo tema.

Dobbiamo affrontare la sfida del cosiddetto gioco democratico, che nega le basi stesse della democrazia. Il sistema in vigore è concepito per proteggere gli interessi dei padroni, degli azionisti, dei profittatori, dei capitalisti; è un’illusione pensare che gli strumenti messi in atto per perpetuarlo consentano di superarlo! È inutile ripetere “agendo così, Macron sta spianando la strada al Rassemblement national di Marine Le Pen”. Sì, l’estrema destra ne beneficerà… se non ci saranno alternative sostenute pubblicamente. Il nostro campo sociale, quello di coloro che non vivono dello sfruttamento altrui, deve riprendere l’offensiva in termini di proposte per l’organizzazione di una società autogestita, egualitaria, ecologica… democratica, se torniamo al vero significato della parola.

Le manifestazioni restano molto forti

Dal 19 gennaio si sono susseguite le giornate nazionali di manifestazione: 19 gennaio, 31 gennaio, 7 febbraio, 11 febbraio, 16 febbraio, 7 marzo, 8 marzo, 11 marzo. La competizione tra “letture della polizia e del governo” e “letture della CGT e dei sindacati” è irrilevante. Ciò che conta è che raccolgono molte persone, anche se la cosa va avanti da due mesi. È la traduzione, nelle strade, del massiccio rifiuto della legge da parte della massa della popolazione.

Non sono sufficienti

Il livello di forza necessario per la vittoria può essere valutato solo caso per caso, in un determinato momento. Per quanto siano importanti il dibattito e la lotta sulla legge pensionistica, ci troviamo di fronte a un’offensiva dei capitalisti e dei loro rappresentanti che va oltre questo quadro. C’è il desiderio di spazzare via il movimento sindacale, senza distinzioni. Da qui il disprezzo del governo per il movimento intersindacale nel suo complesso, ma anche nella sua diversità. Che il governo ignori Solidaires è normale, che si opponga alla CGT anche; che disprezzi la CFDT lo è molto meno. Qualunque sia l’esito dell’attuale movimento, c’è un grande interesse per l’unità dell’azione sindacale, ma anche per i momenti di riflessione intersindacale. Ciò sarà necessario di fronte alla volontà di distruggere il sindacalismo.

Rispetto alle precedenti grandi lotte nel paese, c’è uno sviluppo che va tenuto in considerazione: quello della casta politica al potere. Per i tecnocrati come Macron e i suoi ministri, il governo è solo un momento di una vita professionale fatta di consulenze per le imprese, consigli di amministrazione, gestione di aziende pubbliche, ecc. non si preoccupano dell’arresto della loro “carriera politica” che può derivare da una sconfitta sociale. Da qui il loro cinismo di fronte alla massiccia bocciatura della loro proposta di legge. Inoltre, lo stesso Macron è al suo secondo mandato e non è rieleggibile.

Lo sciopero

La sfida era quella di costruire lo sciopero tra la metà di febbraio e il 7 marzo, data scelta dall’intersindacale CFDT, CGT, FO, CGC, CFTC, UNSA, Solidaires, FSU per “bloccare la Francia”. Anche su questo punto possiamo fare riferimento all’articolo del 21 febbraio. Alla vigilia di questa nuova settimana, a quasi due mesi dalla prima giornata nazionale interprofessionale organizzata dall’intersindacale, la situazione è la seguente: dal 7 marzo è in corso un movimento di sciopero a oltranza nelle ferrovie, nelle raffinerie, in parte del settore energetico e dei rifiuti.

Non si tratta di rendere invisibile ciò che esiste localmente in questa o quella azienda, né di negare che in alcuni settori gli attivisti continuano a scioperare (c’è ad esempio uno sciopero dei postini senza contratto di Chronopost e di DPD nella regione parigina, che dura corso dal… novembre 2021).

“I ferrovieri vi parlano”

Tutti questi elementi devono essere collettivizzati nelle riunioni sindacali intersettoriali, a livello locale e nazionale. Ma questo non è sufficiente. Soprattutto i pochi settori in cui lo sciopero ha un carattere di massa a livello nazionale non devono essere la soluzione da proporre, perché lo sciopero non è generalizzato. Questo è il senso dell’appello lanciato questo fine settimana dalla federazione sindacale SUD-Rail.

Dove dobbiamo andare?

La priorità è rafforzare lo sciopero nei settori in cui già esiste su scala di massa, generalizzarlo coinvolgendo altre aziende e servizi. È lì, azienda per azienda, servizio per servizio, che si vince e si costruisce. Le assemblee generali, il più vicino possibile ai luoghi di lavoro, consentono al massimo numero di scioperanti di prendere in mano il proprio sciopero. Sono meno spettacolari ma più efficaci delle “Assemblee generali” intersettoriali nelle città, quando non si basano su scioperi di massa nelle aziende e nei servizi.

L’intersindacale dovrebbe indire uno sciopero generale? Sì, ma se l’obiettivo è costruire lo sciopero generale, non solo dire che è stato indetto, cosa è più utile: un appello con le due parole desiderate, da una o due organizzazioni soltanto? Oppure un appello a “fermare il paese” subito seguito da un altro a “proseguire e amplificare il movimento” come hanno fatto insieme CFDT, CGT, FO, CGC, CFTC, UNSA, Solidaires, FSU?

Anche nei settori in sciopero, notiamo un declino dell’auto-organizzazione, un indebolimento della pratica delle assemblee generali degli scioperanti. Non si tratta di nasconderlo o di accontentarsi. È un problema che riguarda il sindacalismo che sostiene l’emancipazione sociale, la rottura con il capitalismo, l’autogestione e la socializzazione dei mezzi di produzione e di scambio. Anche la debolezza degli strumenti locali interprofessionali viene a galla, come accade in ogni movimento sociale su larga scala; dobbiamo cercare di trarne insegnamento, in linea con le osservazioni, se vogliamo che le cose cambino.

Ma per il momento non abbiamo ancora fatto un bilancio: la lotta continua!

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