Il sostegno alle proteste contro la riforma delle pensioni, guidate dalla coalizione intersindacale, è stato schiacciante, con un 70% di favorevoli alla fine di marzo. In questo contesto di rafforzamento della legittimità, il tesseramento dei sindacati è cresciuto in modo significativo dall’inizio dell’anno. Anche se non sono riusciti a convincere il governo a fare marcia indietro.
100.000 nuovi iscritti da gennaio. Questo è più o meno il numero di nuovi iscritti che tutti i sindacati che conducono la battaglia sulle pensioni hanno registrato da gennaio.
All’inizio di giugno, la più grande organizzazione rappresentativa, la CFDT, ha dichiarato di avere 43.116 nuovi iscritti per il 2023. Secondo il suo ufficio stampa, si tratta di un aumento del 30-40% rispetto ai nuovi tesserati dell’anno precedente.
Da parte sua, la CGT ha annunciato, in occasione del suo congresso di fine marzo, di aver ricevuto 30.000 nuovi contatti e richieste di iscrizione in tre mesi, di cui 4.500 online tramite il suo sito web. Al 1° maggio, quasi il 90% di queste era stato convertito in iscrizioni effettive”, afferma Thomas Vacheron, membro del Consiglio confederale.
Per i due maggiori sindacati del paese, ciò significa un totale di circa 70.000 nuovi iscritti.
L’aumento delle richieste di adesione ha interessato anche gli altri membri dell’intersindacale, anche se i loro dati sono parziali o non consolidati.
Per Force Ouvrière, il numero totale non è noto. Il terzo sindacato per importanza non dispone di un sistema centralizzato in tempo reale a livello confederale. È ancora troppo presto per avere un riscontro sufficiente sugli iscritti ai suoi sindacati professionali e territoriali. Tuttavia, al 30 maggio, aveva già ricevuto 3.759 richieste di iscrizione attraverso il sito web nazionale, rispetto alle 5.000 dell’intero 2022. Con le domande presentate direttamente ai suoi sindacati e ai sindacati dipartimentali, questa cifra potrebbe essere moltiplicata per almeno due o tre.
Anche l’Unsa sta beneficiando della stessa tendenza. Questo sindacato, che vanta 190.000 iscritti e un aumento di 15.000 membri in quattro anni, afferma di aver ricevuto da gennaio il triplo delle richieste rispetto allo stesso periodo del 2022. Anche se non sono state fornite cifre, si prevede che i suoi iscritti cresceranno di diverse migliaia.
Solidaires non fa eccezione a questo fenomeno. Poiché Solidaires non è una confederazione, ma un’unione di sindacati, le sue cifre sono frammentarie, ma Murielle Guibert, la sua portavoce, ha stimato il mese scorso che 3.000 persone si sono iscritte ai sindacati SUD.
Allo stesso modo, l’FSU, il cui tesseramento è annuale e avviene generalmente all’inizio dell’anno scolastico a settembre, nel suo principale settore di sindacalizzazione, l’istruzione nazionale, ha stimato il numero di nuove tessere in oltre 1.500 unità.
Non siamo riusciti a ottenere una stima per la CFTC e la CFE-CGC, anche se per quest’ultima “si sta delineando una tendenza all’aumento”, che ci è stato detto potrà essere confermata solo alla fine dell’anno, quando i suoi sindacati avranno comunicato alla confederazione i propri dati di adesione.
Un ritorno di popolarutà per i sindacati?
“Avevamo già visto una ripresa di interesse a partire dal 2019, dopo la lotta contro la pensione a punti, e poi dopo il Covid e il confino”, spiega Cyrille Lama, segretario confederale di Force ouvrière. Per lui, il boom di adesioni registrato all’inizio dell’anno è il segno che “i lavoratori vogliono tornare in gioco, e oer farlo scelgono i sindacati”.
Questo sembra essere confermato da Benoît Teste, segretario generale della FSU, per il quale la mobilitazione del 2023 “solleva anche la questione della socialdemocrazia e del ruolo dei sindacati nel lungo periodo”.
Anche se non ha vinto, il movimento sociale sulle pensioni, guidato dai sindacati, ha messo in difficoltà il governo e lo ha costretto a usare tutti gli strumenti in suo possesso per imporsi. Di conseguenza, “c’è meno sfiducia nella coalizione intersindacale rispetto ai movimenti precedenti”, analizza Benoît Teste.
Ma forse anche con un senso di sconfitta meno presente o meno devastante rispetto al passato. Da qui il maggior numero di iscritti oggi rispetto alle precedenti battaglie per le pensioni.
“Nel 2003 e nel 2010 c’era un senso di sconfitta molto forte”, ricorda Annick Coupé, ex portavoce di Solidaires. “Ho la sensazione che non siamo nello stesso stato d’animo. Non provo alcun rimpianto per aver scioperato o manifestato. È più simile al 1995, quando i ferrovieri ottennero alcune cose, ma non altri settori. La gente ha comunque espresso la sensazione di aver alzato la testa”.
Thomas Vacheron (CGT) vede anche la differenza con il 2010 e la mobilitazione contro l’estensione dell’età pensionabile legale a 62 anni sotto Nicolas Sarkozy. “Nel 2010, quando facevo il giro del sindacato dopo lo sciopero, alcuni delegati mi urlavano contro e ci dicevano: abbiamo scioperato per niente”.
Il risentimento e la demoralizzazione non hanno portato a una corsa all’iscrizione ai sindacati. Lo conferma Cyrille Lama di Force Ouvrière: “non c’è stata una ripresa delle iscrizioni nel 2010”.
Stéphane Sirot, storico specializzato in sindacalismo, ritiene che la stessa cosa valga per tutti i sindacati. “Né nel 2003 né nel 2010 c’è stata una ripresa dei tassi di adesione ai sindacati”, afferma.
Profili inaspettati
Ma chi sono le persone che si iscrivono ai sindacati all’inizio del 2023? “I giovani, i lavoratori temporanei, i precari, i dipendenti di aziende molto piccole o con meno di 50 dipendenti”, afferma Thomas Vacheron della CGT. Con una grande prevalenza del settore privato e molti nuovi iscritti in aziende che prima erano deserti sindacali, ci assicura.
“Molti giovani e donne”, spiega la CFDT.
Nuovi profili, conferma Cyrille Lama di FO: “donne delle pulizie, disoccupati, giovani, dipendenti di piccole imprese”. Anche in questo caso, le adesioni sono più numerose nel settore privato che in quello pubblico, “in particolare per coloro che vogliono formare liste per le prossime elezioni del Consiglio economico e sociale (CSE, una sorta di CNEL francese, ndt) e che prima non erano affiliati”.
Questo legame con le elezioni aziendali è sottolineato anche da Thomas Vacheron. “La metà dei CSE sarà rinnovata entro la fine dell’anno”, sottolinea il membro dell’ufficio confederale della CGT. È un fatto che fa dire a Cyrille Lama della FO, a proposito dell’afflusso di nuovi iscritti, che “la gente capisce l’importanza di avere una presenza sindacale”. Tanto più che Thomas Vachron ci assicura: “nelle trattative, i padroni cedono più facilmente nell’attuale contesto di inflazione e mobilitazione sulle pensioni”.
Una rondine non fa primavera
Sebbene tutti i sindacati abbiano acquisito un gran numero di nuovi iscritti dall’inizio dell’anno, questo aumento del numero di tessere deve essere messo in prospettiva. Non cambierà radicalmente il peso del sindacalismo nell’equilibrio di potere con i datori di lavoro o con il governo.
In realtà, i 100.000 iscritti in più rappresentano meno del 5% di sindacalizzati in più rispetto ai 2,5 milioni di iscritti a tutte le organizzazioni che compongono l’intersindacale.
A fronte di 26,5 milioni di persone che hanno un lavoro retribuito nel paese nel suo complesso, questo aumento aumenterebbe solo di meno di mezzo punto percentuale il tasso di sindacalizzazione della popolazione francese, che nel 2019 era del 10,3% secondo la Dares (Direzione dell’animazione e della ricerca statistica del ministero del Lavoro francese).
Allo stesso modo, nonostante l’adesione in aziende dove prima non c’era alcuna presenza sindacale, questo non colmerà tutte le lacune. Tutt’altro.
Nel 2021, solo il 13,1% delle aziende con più di 10 dipendenti aveva un delegato o un rappresentante sindacale. E il 38,9% aveva un organo di rappresentanza del personale, secondo la Dares.
“Il sindacalismo non è abbastanza forte nel paese, ci sono troppe aziende in cui non ci sono sindacati e troppe aziende in cui ci sono solo pochi iscritti al sindacato”, ha sottolineato Sophie Binet, la nuona segretaria generale della CGT, in un’intervista rilasciata a Blast (un canale informativo indipendente) a fine maggio.
Per lei, questo spiega le difficoltà nel portare “La France à l’arrêt”, cioè ad un blocco totale il 7 marzo. E ancora di più nei giorni successivi, con l’idea di uno sciopero prolungato: “Per essere solidi, bisogna avere una base di iscritti al sindacato, altrimenti si è troppo fragili per affrontare i padroni”, dice la numero uno della CGT.
Una difficoltà che ne nasconde un’altra. Secondo lo studio della Dares citato in precedenza, il 60% degli iscritti al sindacato dichiara di partecipare poco o per nulla alle attività del proprio sindacato. Per Stéphane Sirot, “questo è un problema evidente, soprattutto quando si tratta di sviluppare un movimento sociale e ancor più quando si tratta di ancorarlo alla pratica dello sciopero”.