BONOMI, UN PRESIDENTE PICCOLO PICCOLO

Dettaglio da immagine di Assianir - Own work, CC BY-SA 4.0, Link

L’Istat è l’istituto che da sempre si occupa anche di monitorare l’inflazione e sebbene lo faccia scegliendo indicatori assai discutibili, nel suo rapporto trimestrale sull’andamento dei salari, ha evidenziato che, stante le attuali regole contrattuali basate sull’indicatore IPCA, ovvero il tasso di inflazione ufficialmente reale depurato dalla cosiddetta inflazione importata (costi energetici), i salari perderebbero nel solo anno in corso  il 5% del loro potere d’acquisto.

Quella che è una semplice constatazione basata sui fatti, ha inaspettatamente scatenato la violenza verbale del presidente di Confindustria Bonomi che nella sua reazione ha dichiarato inaccettabile persino la detassazione dei prossimi aumenti contrattuali dei CCNL.

Premesso che la detassazione non è esattamente un vero e proprio aumento salariale, non solo perché costa zero alle imprese rispetto al salario tassato ma anche perché è parte del processo di depauperamento dello stato sociale, perché Bonomi lancia i suoi strali proprio in questa direzione?

L’ipotesi più immediata è che non voglia più rinnovare i contratti oppure che voglia farlo ma a costo zero.

Eppure l’Italia è ufficialmente l’unico paese OCSE nel quale i salari sono ufficialmente più bassi di trent’anni fa grazie alla politica di moderazione salariale avviata nel biennio 92-93 e grazie alla cancellazione della scala mobile, ma non solo, nel 2009, tra i plausi di Cisl Uil poi raggiunta dalla Cgil, si inaugurò la stagione dell’IPCA, ovvero del mancato recupero annuale del potere d’acquisto, ovvero i sindacati accettarono che i salari non dovessero più recuperare nemmeno l’inflazione Istat, peraltro sempre inferiore a quella reale.

Il tutto, come sempre, venne condito da straordinarie promesse di estensione e rafforzamento della contrattazione di secondo livello che, puntualmente, ha invece subito il processo inverso.

Tuttavia, sebbene non avessimo grandi aspettative, era lecito attendersi che ci fosse molta meno ipocrisia da parte degli industriali ed in particolare del suo indomito presidente Bonomi. A fronte di una fase delicatissima e complessa dal punto di vista socio economico servirebbero dirigenti di ben altro spessore, invece, il loro vertice riesce a parlare solo di blocco dei salari e sembra fermamente deciso a non voler riconoscere neppure quel misero incremento stabilito dalle regole condivise con Cgil Cisl Uil.

Sono davvero queste le uniche competenze degli industriali 4.0?

Se davvero stanno così le cose, l’attuale presidente di Confindustria supera e surclassa in pochezza i suoi già poco illustri predecessori recenti. Al peggio pare non esserci mai fine…